(dedicato a Gianni Radice, Artista)
Ciò che ama, ciò che lo esprime e attraverso cui comunica con il mondo esterno.
La guida attraverso l’androne del palazzo, fino a scendere delle scalette che portano all’ingresso di un piccolo sotterraneo.
La porta si apre, viene invitata ad entrare. Lo sguardo si spalanca su un numero incalcolabile di tele, sparse in quello spazio fiocamente illuminato dalla luce di un pomeriggio di fine primavera. Appese alle pareti, ma soprattutto distese le une sulle altre nelle due stanze che sono lo studio del pittore.
Immagina il tempo trascorso a far danzare le dita di colore sul candore ruvido della tela, mediatore e alchimista di un dialogo che mescola gli umori delle tinte in un incontro d’amore.
Quando il parto diventa materia, è già tardi: le lingue sottili del colore hanno composto l’impercettibile suono delle parole criptate in una frase compiuta, che ci viene offerta nella sua limpidezza. Il prezzo che siamo chiamati a pagare è la perdita delle sfumature, che solo il pittore conosce nella loro segretezza.
Ma anche chi ascolta il dipinto può affinare la visione con l’abitudine ad una contemplazione allenata nel tempo, e percepire così gli anfratti di senso, nascosti fra le pieghe del colore.
Si accomoda su una sedia disposta per la modella, di fronte allo scranno dell’artista; lui le mostra la materia informe pronta ad essere inseminata dalle sue sapienti mani di maieuta; le movenze sapientemente studiate la porteranno a manifestarsi nella forma che la attende già, in potenza, racchiusa fra le particelle dell'argilla.
Si assesta, seguendo le indicazioni per assumere la posizione migliore per essere quadro concreto per la nascita della visione di una realtà altra, quella dell’Arte.
L’artista indossa guanti invisibili ad occhio nudo, che nutrono le sue mani di proprietà sconosciute a mani altre non avvezze alla dimensione creativa, e si tuffa sul blocco di terra morbida e arrendevole.
Gli occhi saltellano da lei all'argilla, accompagnati di quando in quando da brevi suoni della voce, che modula parole atte a creare un dialogo frammentato con qualcuno – lei stessa, la modella – che a poco a poco inizia a diventare un archetipo vivente.
L’archetipo dell’Ispirazione che dona uno spunto che dà vita a qualcosa che va oltre l’apparenza del corpo, a svelare il tesoro nascosto nei lineamenti di ogni essere umano. Il serbatoio di potenzialità esprimibili e non ancora del tutto esperite.
La realtà quotidiana è potenziata dallo sguardo dell’artista, alchimista spirituale in grado di alzare i molteplici veli che appannano l’esperienza del vivere assonnato e abitudinario.
La modella non può vedere, è sul picco della montagna di fronte a quella dalla quale il pittore dà forma alla sua immagine. Fra di loro, l'aria pura delle alte cime, quelle della creazione artistica.
Il tempo pedala sulla sua bicicletta, e la modella può intravedere l'argilla cambiare sembianze davanti a lei; intuisce l'onda dei capelli, un profilo accennato di cui non può riconoscere i lineamenti. Prova ad indovinare in quelle ciocche di terra grigio-verde le sue, con i pensieri ai quali fanno nido.
Il pittore dice alla modella che può fare una pausa per riposare un po'.
Lei si alza, sbircia curiosa il risultato del lavoro, e ammira da vicino l'affiorare dei lineamenti e delle forme del viso su quella che prima era una palla d'argilla.
Come un feto che a poco a poco si sviluppa nel ventre della madre.
Meraviglia della nascita della vita. E' lo stesso, per un'opera d'arte.
Cambia la destinazione di quella vita, cambiano i tessuti di cui è fatta.
Ma è Vita.
Quando esco dallo studio del pittore, sento l'odore dell'argilla sulla pelle.