Passato un certo numero di giorni, sentiva la necessità di
cambiare aria, paesaggio, colori, profumi. Musica.
Per la scelta della destinazione successiva si affidava ai
sogni; a qualsiasi ora del giorno o della notte arrivasse quell’improvvisa e
impellente necessità di cambiamento, lei andava a dormire.
Appoggiava la testa sul cuscino, chiedendo agli spiriti del
sogno di inviarle un messaggio chiaro, seppur velato dal loro abituale
linguaggio metaforico.
Non restava mai delusa, né disorientata, perché qualcosa le
veniva sempre detto, anche se spesso c’era bisogno di fare opera di
decriptazione. Quando si svegliava, iniziava subito a riempire il suo Quaderno
dei Sogni, trascrivendo ogni immagine ricevuta durante la breve morte del
sonno.
Poi prendeva un foglio bianco e pulito, dalla pila che teneva
sul comodino, e dipingeva la musica del suo sogno, finché sentiva che la
melodia si era spenta.
La sera stessa la valigia era pronta, preparata con pochi
abiti: l’essenziale per la propria pulizia e per alimentare lo spirito.
Soprattutto, non mancavano mai il piccolo caleidoscopio per guardare con occhi
curiosi ogni sfaccettatura dei nuovi paesaggi, un minuscolo piffero di legno
per improvvisare musica - secondo lo stato d’animo del momento e i colori del
viaggio - bolle di sapone per creare magia. E, ovviamente, un quaderno e una
penna.
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