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mercoledì 14 gennaio 2015

Un piccolo canto d'Amore


Nessuno avrebbe potuto dire con certezza quali fossero le sue origini.
Sembrava essere nato dal vento, e vapore di bruma era il suo manto.
Il mistero della voce aveva attraversato tutta la lunghezza del suo piccolo corpo per dichiarare la propria presenza al Mondo, e chiedere accoglienza di braccia d’amore.

E’ giunta così, la piccola magia della sua vita.

Un canto lieve e gioioso, che emana da una sorgente più profonda delle corde vocali.
Si è adagiato sul ramo di una finestra, e ha aperto spazi di ascolto che accolgono chiunque incroci la sua strada.
Non è necessario compiere lunghi viaggi verso Oriente, alla ricerca di sagge parole.
Semplicemente passate sotto la sua finestra, alzate lo sguardo.


Poi, aprite.

sabato 30 agosto 2014

Uno sguardo fra due mondi



Il suo era sempre stato uno sguardo fra due mondi.
Era come se in mezzo ai suoi occhi esistesse un invisibile ponte che permetteva di fondere alchemicamente la dualità del pianeta Terra.
Si trattava di un suo talento innato, ma che aveva dovuto attendere, per farsi ascoltare e riconoscere.
Il Guardiano dello Sguardo non aveva conquistato da un momento all'altro il suo nome.
Era stato necessario affrontare il senso della dimensione temporale terrestre, che era scorsa in innumerevoli ruscelli, dai quali aveva attinto un’esperienza dopo l’altra. 
Arrivando sempre più vicino alla guarigione del senso dell’Intuizione.
Un giorno, durante un breve viaggio solitario in terre silenziose e pulsanti, era giunto ad una cascata. Osservandola, era emersa la vivida consapevolezza di essere sgorgato da lì.
Da quel momento, ogni volta che qualcuno si trovava a parlare con lui, dalle sue parole avvertiva scaturire il senso dell’intensità della Terra, mescolato alla leggerezza dell’Aria.
Dopo essersi separati da lui, si poteva percepire una piccola fiamma di calore, la potenza del Fuoco, scorrere con la fluidità dell’Acqua nelle profondità più intime di se stessi.
Le sue parole erano attinte da quel ponte fra i suoi occhi non visibile ad occhio nudo: pur non potendo spiegare razionalmente il perché, chi aveva la fortuna di comunicare con il Guardiano dello Sguardo, ne usciva rinfrancato.


Come se sentisse di essere stato visto davvero, per la prima volta. 

domenica 10 agosto 2014

In ascolto della sua sinfonia


Qual’è il tempo per fermarsi a contemplare?
Sento che vorrei farlo, ma è necessario, ineludibile correre, diceva lui.
Sempre più forte, per andare sempre oltre.
Non è mai abbastanza, non è mai il luogo giusto, c’è sempre qualcosa di meglio.
Ancora.
Aveva gli occhi del colore dei viaggi dalla velocità intensa, la bocca increspata in un mare irrequieto.
Altrettanto spesso però si distendeva in un sorriso bambino, inducendo chi aveva di fronte a sciogliere ogni distanza, e scegliere l’abbraccio.
Bastava il frammento di un istante per trovarsi a navigare con lui in un vasto oceano emozionale, e un attimo dopo, d'improvviso, sentire chiudere il lucchetto di un’alta e impenetrabile fortezza.
Si trattava di un movimento circolare che poteva disorientare, per primo lui stesso.
Ma c’era un segreto, che si rivelava a chi avesse scelto di saltare su quel treno sferragliante, affrontando la paura di ruzzolare.

Chi fosse riuscito a tuffarsi dentro di lui, avrebbe assistito a qualcosa di indescrivibile.
Nuotando a molte leghe di profondità, si giunge ad un paese sotterraneo, inesplorato, dove miriadi di immagini nuotano in sinfonia come branchi di pesci.
Allungando una mano se ne può scegliere una, che accostata all’orecchio, per una particolare sinestesia, si sfoglia allo sguardo, aprendosi in un ventaglio di innumerevoli fotogrammi.
Un piccolo cinema, distillato della sua Essenza. Viscerale.
Le viscere del suo mondo, profondo mille e più leghe scavate nella musica delle sue emozioni.


Io ho scelto il tuffo, affrontando ogni rischio, 
e ora quel luogo profondo e segreto fa parte della mia mappa, 
scavata nelle viscere del mio stesso mondo invisibile.

sabato 19 luglio 2014

La Maestra d'ARte




La sua vita era stata fino a quel momento un’opera di fine artigianato: ogni passo del corpo ed ogni movimento interiore avevano contribuito ad inanellare un lungo gioiello invisibile agli occhi fisici, che lei indossava ogni giorno, consapevolmente.
Ed ogni giorno, ogni istante, il gioiello assumeva nuove sfumature di luce, guadagnando, quando il momento era maturo, una nuova perla che si aggiungeva a quelle già esistenti.
Quando avveniva la grazia di un Incontro concepito nelle viscere delle reciproche terre interiori, la Maestra d’Arte riluceva della Bellezza del suo gioiello, agli occhi di chi sapeva guardare.
Ma anche quando lo sguardo dell’altro non era sufficientemente pronto ad accogliere, la luce traspariva sotto forma di un bagliore subitaneo che diveniva poi subito dopo intermittente, lasciando il sentore di qualcosa di insolito e prezioso, ma indefinito.
Una notte durante la quale una tempesta di particolare intensità era scoppiata al centro di quell’uragano che era a volte il suo cuore, la Maestra percepì chiaramente una voce.
Le veniva detto: 

Apri le braccia….lo vedi?
                           
Ora respira anche ciò che tengono stretto 
quando rimangono serrate.



Quella notte la Maestra d’Arte partorì la sua più grande Opera.

giovedì 20 febbraio 2014

Secret Agent




Il suo occhio la diceva lunga: nella sua non (ancora) troppo lunga vita, aveva visto molto, ma molto davvero....(troppo?).
Era nato dall'unione di un giovane batuffolo di vaporoso cotone con un calzino dagli antichi natali; un giorno, dopo tanto tempo trascorso a prestare servizio e spunti creativi nella stessa casa, si erano finalmente accorti l'una dell'altro, e la miccia sartoriale era stata accesa.
Dopo qualche giorno (in altri mondi concepimento e parto avvengono quasi simultaneamente all'innamoramento), Secret Agent (non ci è dato - per ovvi motivi - conoscere il suo nome di battesimo), riposava comodamente adagiato sul davanzale di un'ampia e luminosa finestra, dalla quale poteva godere di una visuale sufficiente a farsi gli affari di tutti i passanti urbani.
Ma era nella casa dove viveva che accadevano per lui i fatti più interessanti: quella casa culla di arte e creatività, dove un giorno non era mai uguale all'altro, soprattutto per gli sbalzi d'umore dei suoi abitanti. 
Secret Agent prendeva mentalmente nota di tutto, e quel tutto si riversava  nelle sue lunghe orecchie di coniglio di pezza, senza darlo a vedere agli occhi di chi credeva solo nel mondo materiale, e delle apparenze.
Così, una mattina più luminosa delle altre, quando arrivò la nuova inquilina, una con gli occhi appuntiti e le orecchie spalancate, le bastò sfiorare con le lunghe dita abituate al suono degli strumenti di legno e corda, le orecchie del piccolo custode dei segreti....in un attimo, lei e lui erano avvolti da un abbraccio comune, e passavano in una dimensione dove le parole e i pensieri sono musica pura. 
Senza più necessità di pesi e segreti.

www.bunnysocks.org

martedì 17 dicembre 2013

Rose e Fiori



Aveva speso una vita dedicandola alla Dedizione.
Praticando ore ed ore di servizio, aveva cucito una coperta d’amore che aveva avvolto la sua vita, alleviando i momenti di fatica.
Esistono diversi tipi di amore, ma Amore è un unico vortice di energia che funge da motorino interiore, a spingerci e innalzarci sempre più nella comprensione.
No, non parliamo di una mente razionale ed ordinata, ma di una scintilla che appicca una fiamma che arde lieve, nel disordine regolare dei giorni.
Lei ne aveva attinto, inconsapevolmente all’apparenza, giorno dopo giorno. Continua a farlo, anche ora, con memoria viva dell’inizio – non inizio di tutto questo lungo viaggio.
Spesso tace, e allora una condensa d’aria rosata sembra formarsi sulla sua fronte, a parlare dei suoi pensieri pudici non rivelati a voce alta. 
La osserviamo, noi che siamo lì fuori, e vorremmo abbracciarla. Chiederle di aprire un varco, perché possiamo provare a dare una risposta.

Però lei non vuole chiedere. Preserva il silenzio, continuando così a donare ciò che non si può vedere ma si può toccare, allungando una mano che cresce dentro, per germogliare fuori.

sabato 16 novembre 2013

I Viaggiatori del Sogno




Un ritmo vellutato, un ritmo sfrigolante, un ritmo saldo.

Questo era il contributo che ognuno dei tre membri fondatori del piccolo gruppo dei Viaggiatori del Sogno aveva da donare: si erano ritrovati quasi per un (apparente) caso, e da quel momento nessuno di loro tre aveva più potuto muovere un solo passo in solitaria.
Avevano stabilito un tacito patto, che non necessitava di parole né di gesti eclatanti; era bastato lo scambio di un triplice sguardo, e il cammino comune aveva avuto inizio.
Chiunque li incontrasse rimaneva colpito dalla particolare energia risultante dall’unione di melodie tanto differenti. Ognuno di loro avrebbe potuto benissimo suonare un assolo ed incantare un’ampia platea, ma quello che riuscivano a creare insieme, unendo la differente qualità dei loro ritmi, era qualcosa che andava oltre.
Fare la loro conoscenza risultava taumaturgico. 
Chi fosse stato impoverito della propria energia, sentendosi virare verso un colore blu profondo, dopo avere incrociato le loro vite provava nello spirito, lo stesso sollievo che un soggiorno di cure termali dona al corpo.

Quello dei Viaggiatori del Sogno veniva raccontato come un viaggio giovane, che aveva mosso ancora pochi passi su questa Terra…..la verità era che proseguiva da molto più tempo di quello apparente agli esseri umani. 
Le dimensioni già attraversate erano molteplici, e di quando in quando riaffioravano alla memoria di ognuno dei tre Viaggiatori.

Quando questo accadeva, colui che aveva avuto sentore di una nota lontana eppure così vicina, sentiva la necessità di prendersi lo spazio di una piccola solitudine, tracciare un sentiero individuale, e raggiungere un’alta scogliera.

Lì si raccoglieva e proiettava lontano il proprio sguardo, ripassando la propria canzone interiore.

lunedì 14 ottobre 2013

Solo per orecchie forti





“Ci senti? Ma ne sei proprio sicuro? Secondo me avresti bisogno di un bel controllo, te lo dico io!”
Nulla da fare, non riusciva a rassegnarsi: gli altri non sentivano quello che lui cercava di dire. Perché non era una questione di ascolto, quanto piuttosto proprio di facoltà dell’udire.
Non ci provava più, ad ottenere una comprensione piena, ma un tempo ci aveva sofferto parecchio. 
Gli sembrava di vivere dietro una lastra di vetro trasparente, dalla quale poteva vedere lo scorrere dei volti davanti a lui, ma non farsi vedere. Né tantomeno quindi, fare udire la propria voce. 
Allora mimava l’atto del parlare, ascoltando dentro il rimbombo delle parole che gli raccontavano di sé tutto ciò che nessun altro avrebbe mai potuto sapere.
L’abitudine alla pantomima era diventata così radicata e profonda, con il passare delle albe e dei tramonti, che alla fine aveva sviluppato un linguaggio peculiare, tutto suo e ben codificato, senza che se ne rendesse conto fino in fondo.
Le parole uscivano a fiotti, e senza preavviso: poteva accadere a qualsiasi ora del giorno o della notte, che il fiume vomitasse la sua piena.
Il paradosso era che ora alle orecchie degli altri quelle parole urlavano forte, mentre a lui sembrava avessero una voce sottile e sussurrante.
Quando poi sceglieva un manto di silenzio nel quale raggomitolarsi, con la coda dell’occhio gli sembrava di accorgersi di occhiate sospettose; allora partiva una musica cacofonica, per coprire l’imbarazzo di non sentirsi a casa.
Una notte tutto ciò esplose: le lenzuola si squarciarono da sole in un mastodontico urlo di protesta, e fu l’inizio della fine, e del nuovo inizio al tempo stesso.
Tutte quelle parole abbracciarono il silenzio, e si fecero torrente imperturbabile.

Nulla aveva più importanza.

sabato 21 settembre 2013

Il suo giardino, un concerto di musica da camera





Il suo giardino era uno dei più belli che avessi mai odorato. Si faceva toccare con gli occhi, e questo era tutto.

Lei non aveva fatto nulla per dargli una forma particolare: aveva semplicemente lasciato che crescesse, seguendo il proprio flusso interiore, e le fasi lunari.
A volte si era chiesta, questo è vero, se fosse il caso di dare un nome alle creature così delicate e resistenti che sentiva muoversi notte dopo notte, quando il silenzio è più forte, e lascia spazio al suono della vita sotterranea.
Ma alla fine aveva compreso intuitivamente che no, non era quello il caso; il suo giardino sarebbe diventato in quel modo una serra, ovvero qualcosa di un’altra natura, diversa dalla sua.
La sua n(N)atura era fresca e selvatica, e racchiudeva in potenza tutte le maiuscole interiori che faticavano a rendersi palesi a se stesse. Chi riusciva a sbirciare dalle vetrate in penombra del suo giardino, le intravedeva, come piccoli lampi che preannunciano un temporale ancora incerto.
Il giardino era impreziosito dalla vita sontuosa di un essere dall’anima morbida e profonda come le mille leghe dei mari leggendari. Il suo sguardo annaffiava ogni angolo vivente del giardino, donandogli fremiti di gioia.
Li chiamano gatti, gli esseri della sua specie terrena. Ma io e lei sappiamo che qualsiasi nome è fiato sprecato, per la loro altezza anima-le.
Io e lei ci siamo riconosciute, e ascoltando le sue note interiori, ho avuto accesso al viaggio nel suo giardino.

Uno dei più belli che avessi mai ascoltato.

sabato 6 aprile 2013

Ci vuole Caos, per Creare!






C’è differenza fra Disordine e Caos. Su questo rifletteva, nei momenti di riposo.

Ma erano considerazioni che rimanevano rigorosamente intime e interiori, dialoghi fra sé e se stesso. Nella quotidiana interazione con gli altri, tutto lasciava pensare che non avesse nessun problema a vivere a modo suo, in un mondo a parte dove seguiva un ritmo a se stante. Questo non significava in nessun modo che desiderasse e-marginarsi dal resto del mondo esterno. No.

Però non aveva nemmeno nessuna voglia di adeguarvisi. Voleva volere, agire, pensare, parlare, urlare, tacere, correre e dormire, esattamente a proprio modo. Ovvero, come voleva lui e nessun altro.

Tutto ciò nutriva una particolare predilezione per un aspetto fondante della vita: il Caos. Il Caos è ciò che permette di nascere, creare, morire.

Di esistere senza resistere. Di essere un Creatore di Caos creativo.

Nulla e nessuno avrebbero mai potuto confutare questa profonda convinzione sulla vita, che aveva nutrito l’atto stesso del suo pensare fin dai primi istanti che erano seguiti alla sua nascita su questo pianeta.

Se ne andava in giro per la vita senza inutili orpelli e senza indossare orologi,  seguendo il proprio ticchettìo interno, e muovendosi ad un ritmo che non conosceva violenza, perché era quello del flusso naturale della linfa che scorreva lungo le sue linee interiori. Così poteva capitare che il suo senso del tempo fosse sfasato rispetto a quello degli altri, oppure che il suo pensiero non fosse allineato alle aspettative altrui. Ma non è difficile capire come tutto alla fine si risolvesse nel più pacifico dei modi: infatti lui, vivendo secondo la propria verità, non provava nessun inutile senso di colpa.

Ogni sera il Creatore di Caos creativo narrava a se stesso la propria giornata, mescolando gli attimi vissuti in un impasto di sensazioni reali e idee inventate, che cucinate insieme, davano vita a racconti di alta creatività, registrati successivamente nel suo personale Libro della Vita.

Era un rituale che si ripeteva da quando il Creatore di Caos creativo aveva memoria di sé, e che non aveva mai conosciuto un giorno di riposo. In questo modo veniva data forma al caos nel quale la sua vita si faceva strada a larghe bracciate.

Un giorno nel quale i prati freschi di sole invitavano a rotolarsi su di loro facendo la ruota come quando si è bambini, il Creatore di Caos creativo decise che era giunto il momento di creare una melodia per la propria vita: così distillò una nota da ogni pagina del suo Libro della Vita, le cucì insieme, e le lasciò evaporare all’aria.

Un istante dopo lui stesso vorticava sempre più in alto in mezzo alle nuvole, portato per mano dalla sua melodia, che ne aveva fatto il proprio aquilone.


mercoledì 6 marzo 2013

Una vita in corsa




Si erano ritrovati alla festa di un amico comune, ed era stato immediato riconoscimento. Del resto, avevano condiviso così tante colorate avventure che l’uno era rimasto scolpito nella memoria dell’altro, con una sonora risata collegata ai reciproci volti. Si erano seduti sul morbido divano che troneggiava in mezzo alla stanza, e avevano iniziato a scrutarsi, a lungo e con molta attenzione. Ognuno cercava di leggere nell’altro un diario della propria vita passata.

Il personaggio che vedete sulla sinistra, quello con l'espressione ballerina, non si era fermato un solo secondo. Proprio mai, dal momento della sua nascita in poi. A un certo punto i due amici avevano preso strade diverse, e mentre l’altro si era preso un periodo di riposo che virava verso la stabilità delle idee e delle membra, lui no. Lui non ne era capace. O meglio, per usare termini positivi, che è sempre bene, lui era incontrovertibilmente capace di correre. Correre a perdifiato, lungo ogni sentiero che la vita gli offriva. Così non si era mai tirato indietro di fronte ad alcuna proposta, raccogliendo ogni sfida ed ogni esperienza.

Tutto ciò aveva fatto sì che il suo volto, se osservato da vicino, raccontasse di cieli appesantiti da banchi di nuvole violacee, sabbia morbida e rovente, città gremite di odori, e strade di montagna avvolte nel silenzio. Si portava addosso, non visibili ad occhio nudo, strati e strati di abiti appartenenti a culture, pensieri e visioni diverse, di cui aveva fatto esperienza nel corso della vita; all’occorrenza li sfilava uno per uno, lasciando in evidenza sopra agli altri solo quello più utile per il momento che stava vivendo. Questo faceva sì che la sua mente fosse diventata un elastico, pronto ad allungarsi per raggiungere confini lontani, anche quelli meno conosciuti.

La sua mente diventava allora un veicolo attraverso il quale viaggiare anche stando fermi: il che nei fatti significa che fermo, appunto, non lo era mai davvero.

La sera dell’incontro con il suo vecchio amico però, successe una cosa strana…..più ne osservava l’espressione serafica e rilassata, più sentiva di avvicinarsi ad un’inedita sensazione….. la mente e il corpo hanno bisogno di immergersi ogni tanto nel silenzio per ricaricarsi, sembrava dirgli il viso disteso dell’ amico. Più svuoti, più sei pronto ad accogliere.

Forse avrebbe potuto sperimentare anche lui una pausa di riposo? …………………...

In fondo, anche quella sarebbe stata un’esperienza. Nuova.

domenica 30 dicembre 2012

Io sprono piccole stelle





Mi è sempre piaciuto dare fiducia; penso che tutti se la meritino, così mi sono assunto il compito di donarne a chi proprio non riesce a credere di averne diritto. Dal momento che, come certamente sapete, noi tutti racchiudiamo tracce del pulviscolo delle stelle nel nostro corpo, ho deciso che la cosa migliore da fare fosse partire dall’origine.

Così, ogni mattina all’alba, quando la luce del nuovo giorno non ha ancora sottratto le coperte dal viso insonnolito dell’umanità, mi alzo, e silenziosamente mi dirigo in giardino. Alzo lo sguardo al cielo, e senza emettere suono, con il solo potere della mente, invio quanto più possibile la forza della mia fiducia a quelle stelle che vedo pulsare più debolmente; le fisso con intensità, e con quello sguardo, dico tutto. Loro mi rispondono, credetemi!

L’Allenatore di Piccole Stelle mi ha tolto la parola, c’era da aspettarselo: è un tale chiacchierone! Gira e rigira la parole fra le proprie mani come un giocoliere, ed è davvero abile a farne grande strumento di comunicazione. Prima o dopo, riesce a farsi capire da chiunque, trasmettendo ciò che cova dentro, come pochi altri sanno fare. Quello che ha appena raccontato ha però un grande fondo di verità: l’Allenatore di Piccole Stelle è anche in grado di comunicare senza usare parole, né suoni di alcun tipo. Gli basta fare silenzio, dentro e fuori di sé, e immaginarsi disteso su un letto di foglie, in mezzo ad uno sconfinato, avvolgente, profumatissimo bosco. Un bosco particolare, perché riunisce in sé tutte le stagioni. La cosa sorprendente, è che è capacissimo di farlo in qualsiasi situazione: sì, anche in mezzo ad una folla di gente chiassosa e maleodorante. Guarda qualcuno, e quel qualcuno, comprende

Ci riuscirà sempre, deve riuscirci, perché lui è l’Allenatore di Piccole Stelle.


lunedì 12 novembre 2012

Una sartoria profumata di passi





Non era difficile che svegliandosi la mattina, si ritrovasse il seme di un fiore proprio a fior di labbra: da che mondo è mondo infatti, gli esseri vegetali scelgono il respiro delle anime pronte a modellare la luce della propria vita, per avere una spinta positiva nel momento della nascita.

Lui era un'Anima Pronta, e nel mondo sottile ciò è evidente come lo sgorgare dei raggi del sole dalle imposte di una finestra spalancata all’alba del nuovo giorno. Il seme veniva soffiato dolcemente verso l’alto dal suo fiato, nel momento della veglia che precede il risveglio pieno, e quando gli occhi erano del tutto aperti, quel che rimaneva era una sensazione di freschezza e leggerezza nei confronti della nuova vita che stava per confezionare, come un abito su misura.

Si alzava, e procedeva nel mondo, con un sorriso interiore che agiva da talismano, proteggendolo e riscaldandolo. L’apparente semplicità, in lui racchiudeva una fucina di energia che creava ogni istante, modellandolo a suo piacimento e facendone nutrimento e musica: accadeva spesso, infatti, che le persone che si trovassero a condividere del tempo con lui, avessero il sentore di una musica lontana, piena di vitalità e di promesse di vita.

La sua era una sartoria profumata dei passi della danza che ognuno ha la possibilità di coreografare. Lui, come le altre Anime Pronte, sapeva farlo senza sforzo. 

Il suo allenamento si era svolto nella polvere delle strade poco illuminate della sera, dove spesso si era sbucciato le ginocchia, e i suoi occhi avevano lacrimato per la sporcizia e la fatica. Quando però il suo corpo e la sua mente giunsero al giusto grado di forza, l’allenamento divenne una festa quotidiana, e le strade buie e polverose vennero sostituite da visioni di Bellezza.

Aveva ottenuto l’attestato di Grande Sarto, e il dono del Perenne Sorriso.




mercoledì 19 settembre 2012

Affamata di tempo





Quante ore dovrebbe avere una giornata, per essere degna del suo nome? Almeno 48.

Il fatto era che il tempo sembrava non bastarle mai. Era come trovarsi davanti ad una tavola imbandita dopo un lungo digiuno forzato, e non sapere da quale portata cominciare. Come quando si è talmente stanchi, da non riuscire a prendere sonno. A volte arrivava alla conclusione che anche se avesse avuto 48 ore, tutte spendibili - ricorrendo allo stratagemma di non concedersi nemmeno un’ora di sonno - non le sarebbero bastate per completare la lista di cose che desiderava fare.

Forse ad avere meno interessi nella vita si guadagna un bel riposo. Forse si vive più sereni e tranquilli. Forse si spendono meno soldi in analisi. Sì, d’accordo.
Ma vuoi mettere la sensazione adrenalinica di iniziare un nuovo corso di formazione, tuffarsi in un argomento nuovo di zecca, conoscere dieci persone nuove tutte in una volta? C’è sempre tempo, per riposare.

Ah sì?.....ma….non abbiamo appena concluso che di tempo non ce n’è mai abbastanza?....
Ora non ho tempo per discutere di questo, mi dispiace. Ripassa più tardi.



Il mini-market delle esperienze aveva appena aperto, e lei si era tuffata fra le sue porte scorrevoli, un secondo dopo l’apertura ufficiale, per essere sicura di essere la prima cliente, e riuscire così a guadagnarsi ogni prodotto esposto su ogni singolo scaffale delle complessive cinque stanze.
Non le sembrava vero di essere finalmente riuscita a conquistare il mini-market delle esperienze tutto per sè, in beata solitudine; saltellava eccitata da un reparto all’altro, lasciando scorrere gli occhi sulle confezioni grassocce e colorate, come fossero bambini piccoli ai quali consentiva finalmente di correre liberi e felici in un parco giochi. Non riusciva a decidersi, avrebbe scartato tutto con avidità ferina; continuava quindi a volteggiare, accontentandosi della sensazione che le dava sapere di avere ogni potenziale esperienza a portata di mano.

giovedì 28 giugno 2012

Il profilo del colore





Si sistemò la maglia con gesto sottile, inclinando impercettibilmente la testa, gli occhi sgranati come un gatto in agguato.

Osservare la materia viva di cui è fatto un quadro le procurava sempre un leggero stordimento: la pastosità del colore era sempre stata estremamente sensuale, per lei. La tentazione di allungare la mano e accarezzarne i contorni, fastidiosamente imperiosa.

Ogni volta che accadeva, le era necessario fare un passo indietro, e ripetere un piccolo gesto rituale, che la riportasse alla realtà.

Van Gogh però era ben difficile da sostenere: la fissava con sguardo verde e impertinente, sussurrandole “avvicinati….toccami…!”. Come resistere?
Frugando in borsa, e infilando in bocca una caramella con ripieno al caffè; i denti stringevano la corazza esterna della caramella, aprendola a metà in un solo morso. Il contenuto morbido e liquoroso si guadagnava la libertà di fuoriuscire, e la lingua veniva avvolta da quel magma serpeggiante, che indugiava su ogni papilla gustativa, legandola a sé per lunghi istanti.

Van Gogh allora ondeggiava su una barca al largo di un mare tiepido e sonnolento, immerso nei riverberi del sole. Lei lo guardava con gli occhi socchiusi, innamorata e ammutolita dall’incanto e dal desiderio.

Finchè lui iniziava a smembrarsi in mille piccole particelle di colore: ad una ad una iniziavano a librarsi nell’aria, diventando spicchi di luce sull’acqua, allungandosi dalla barca fino all’orizzonte.

I suoi occhi si chiudevano sempre di più, la testa crollava sulla spalla destra, e Van Gogh si ricomponeva fra le sue braccia.

Si sistemò la maglia blu oltremare con un gesto deciso, prendendo le distanze dal quadro: il bacio di Klimt le procurava sempre le allucinazioni.


martedì 12 giugno 2012

La viaggiatrice insonne







Passato un certo numero di giorni, sentiva la necessità di cambiare aria, paesaggio, colori, profumi. Musica.

Per la scelta della destinazione successiva si affidava ai sogni; a qualsiasi ora del giorno o della notte arrivasse quell’improvvisa e impellente necessità di cambiamento, lei andava a dormire.

Appoggiava la testa sul cuscino, chiedendo agli spiriti del sogno di inviarle un messaggio chiaro, seppur velato dal loro abituale linguaggio metaforico.

Non restava mai delusa, né disorientata, perché qualcosa le veniva sempre detto, anche se spesso c’era bisogno di fare opera di decriptazione. Quando si svegliava, iniziava subito a riempire il suo Quaderno dei Sogni, trascrivendo ogni immagine ricevuta durante la breve morte del sonno.

Poi prendeva un foglio bianco e pulito, dalla pila che teneva sul comodino, e dipingeva la musica del suo sogno, finché sentiva che la melodia si era spenta.

La sera stessa la valigia era pronta, preparata con pochi abiti: l’essenziale per la propria pulizia e per alimentare lo spirito. Soprattutto, non mancavano mai il piccolo caleidoscopio per guardare con occhi curiosi ogni sfaccettatura dei nuovi paesaggi, un minuscolo piffero di legno per improvvisare musica - secondo lo stato d’animo del momento e i colori del viaggio - bolle di sapone per creare magia. E, ovviamente, un quaderno e una penna.

lunedì 4 giugno 2012

Sulla punta delle dita





Uno sguardo alla posizione delle dita che reggono la penna per scrivere, e le parole prendono la rincorsa, tuffandosi energicamente sulla carta, come in un fresco oceano in una giornata d’estate.

Una miscela che ha sempre funzionato, da quando il primo foglio ha richiamato la sua attenzione: quando? Poco utile ricordarlo. Tanto vento è passato nei corridoi dei palazzi antichi, dopo un lungo viaggio nel mondo, accarezzando acque e intrecciando le chiome degli alberi.

Le parole scorrono come acqua fresca, come il sale delle onde marine, come le zolle di terra mosse in profondità dalla pioggia, che collabora con la vanga del contadino.

Lo scrittore è un contadino che semina cibo futuro per lettori affamati di sapere la vita. E’ un cuoco che raffina la sua arte ad ogni nuovo piatto. Affina il suo gusto assaggiando per primo le parole che sta per buttare in pentola: devono essere perfettamente al dente, un secondo di troppo porterebbe a scuocere tutto.

Allora lui scrive, sotto il sole e nella pioggia, e lascia che le parole sedimentino nuova vita. E’ un maieuta sotto mentite spoglie, che aiuta chi sente la necessità di nuovi abiti per la propria mente.

Quando lo incontrerete, ora saprete ringraziarlo in silenzio.

lunedì 9 aprile 2012

La favola della bambina di seta



Biancaneve profuma di cipria morbida e frizzante zucchero filato.

E’ uscita direttamente da una favola vaporosa. I suoi occhi lucenti d'amore ci hanno visti, e hanno sorriso. Ha capito che era qui, che doveva venire. Allora ha fatto in modo che i giri di valzer dell'Universo si accordassero per portarla fra le mie braccia.

E' uscita dalla nuvola dove la sua favola fluisce con dolcezza e calde carezze, e ci ha presi per mano, tutti e tre, io e i miei genitori, portandoci lì con lei.

Per questo ha dovuto farsi trovare per le strade di un'alta Città, che la guardava senza capire cosa ci facesse, quella creatura straordinaria, in mezzo al suo distratto clamore.

Biancaneve, che ha un bacio per tutti, glielo ha spiegato usando una sola nota della sua piccola voce profonda. Allora la Città ha capito tutto, le ha sorriso, e le ha indicato la strada per trovarci più in fretta.

Ora noi tre e Biancaneve sorridiamo ogni giorno, perché abbiamo guadagnato una favola così spaziosa, che se volete potete venire a trovarci.

martedì 25 ottobre 2011

Le lunghe ali di una voce




Lei è in grado di dar voce all’inesprimibile.
Le capita spesso di passeggiare lungo corsi d’acqua tempestati di alberi in fiore, bisbigliando parole d’amicizia ai boccioli che devono ancora aprirsi al mondo.
I fiori adulti, che saranno presto balie dei piccoli fiori nuovi, la ringraziano accarezzandole le gote con i loro morbidi petali.

A volte le sfiorano il naso, ed allora lei starnutisce e scoppia subito in una risata leggera.

Quando arriva al suo fiume madre e padre, scende con lentezza serena verso la riva, e senza interrompere il movimento fluido delle gambe, entra in acqua.
Siede sulle onde, come se una barca invisibile la sorreggesse, e danza seguendo la corrente.
Senza chiedersi dove la porterà, lei danza. I suoi piedi sono mossi dal filo dell’acqua robusta e leggera, che ride insieme a lei.

Ma è la sua voce, soprattutto, a muoversi con sfarzo.
La sua voce che spinge dalle profondità delle acque, e si libra verso l’alto, indossando nella salita tutti i colori dell’iride.

E’ la danza stessa, questa voce.
Quando incontra qualcuno lungo la sua strada, riesce ad esprimersi nella gamma di tutti e cinque i sensi umani. Quel qualcuno allora non può fare a meno di lasciarsi compenetrare dalla splendida creatura viva che lo sta abbracciando. E ride; chiunque ne venga toccato, anche solo per un attimo, non può fare a meno di ridere con tutto il corpo, esteriore ed interiore.

sabato 10 settembre 2011

Hope there is



Lui aveva avuto un solo vero amore.
Tardi se ne rese conto, quando iniziò a perdere la capacità di lasciarsi affascinare dagli sconosciuti incontrati per strada.
Camminava per le strade mangiate dalla polvere e dal rumore, piene delle struggenti promesse di un’imminente primavera.
Un altro anno. Il vento vorticava e non portava semi.
Pioggia, neve, fioriture. Tutto fuori. Dentro un rigido, perenne, sempreverde inverno.
Come fate, ad innamorarvi? Spiegatemelo, perché sono malato di emozioni andate a male. Puzzano dentro me, hanno perso la freschezza del loro profumo.
L’organo è malato: dobbiamo tagliare, curare il sintomo, o estirpare l’ombra del suo male alla radice, dopo averla fronteggiata corpo a corpo?
Ditemi. Offrite la vostra opinione. Rendetemi partecipe.
Gli uccelli cantano, in queste notti. Presentono la primavera.
Lui veniva svegliato dalla scia di melodie fischiettate nella strada su cui si apriva la sua finestra. Senza capire se fosse ancora il sogno, o l’inizio di una nuova realtà mattutina.
Qual è poi la differenza?
Antiche e languide dispute se ne sono contese l’apparente verità: la vita è sogno, o il sogno è la vita?
La vita è un sogno da noi creato, abortito a volte, cesellato, altre.
Essere artefici della propria vita è la più grande e desiderabile delle opere d’arte: Maestro, lei mi insegna la magnificenza della sua vita.
Si alzava di scatto, e buttandosi addosso un lungo cappotto, correva come un affamato a cercare quelle sigarette a cui ormai troppe volte aveva cercato di voltare le spalle: sirene bastarde.
Camminava dritto e fiero, ma dentro caracollava, con tutto lo struggimento della notte dei suoi pensieri.
Poi scompariva, nella trama di raso fitto della sua stanza, e nessuno avrebbe più potuto giurare sulla sua esistenza su questa terra.
Ma lui, in gran segreto, nuotava.