sabato 10 settembre 2011

Hope there is



Lui aveva avuto un solo vero amore.
Tardi se ne rese conto, quando iniziò a perdere la capacità di lasciarsi affascinare dagli sconosciuti incontrati per strada.
Camminava per le strade mangiate dalla polvere e dal rumore, piene delle struggenti promesse di un’imminente primavera.
Un altro anno. Il vento vorticava e non portava semi.
Pioggia, neve, fioriture. Tutto fuori. Dentro un rigido, perenne, sempreverde inverno.
Come fate, ad innamorarvi? Spiegatemelo, perché sono malato di emozioni andate a male. Puzzano dentro me, hanno perso la freschezza del loro profumo.
L’organo è malato: dobbiamo tagliare, curare il sintomo, o estirpare l’ombra del suo male alla radice, dopo averla fronteggiata corpo a corpo?
Ditemi. Offrite la vostra opinione. Rendetemi partecipe.
Gli uccelli cantano, in queste notti. Presentono la primavera.
Lui veniva svegliato dalla scia di melodie fischiettate nella strada su cui si apriva la sua finestra. Senza capire se fosse ancora il sogno, o l’inizio di una nuova realtà mattutina.
Qual è poi la differenza?
Antiche e languide dispute se ne sono contese l’apparente verità: la vita è sogno, o il sogno è la vita?
La vita è un sogno da noi creato, abortito a volte, cesellato, altre.
Essere artefici della propria vita è la più grande e desiderabile delle opere d’arte: Maestro, lei mi insegna la magnificenza della sua vita.
Si alzava di scatto, e buttandosi addosso un lungo cappotto, correva come un affamato a cercare quelle sigarette a cui ormai troppe volte aveva cercato di voltare le spalle: sirene bastarde.
Camminava dritto e fiero, ma dentro caracollava, con tutto lo struggimento della notte dei suoi pensieri.
Poi scompariva, nella trama di raso fitto della sua stanza, e nessuno avrebbe più potuto giurare sulla sua esistenza su questa terra.
Ma lui, in gran segreto, nuotava.