martedì 17 dicembre 2013

Rose e Fiori



Aveva speso una vita dedicandola alla Dedizione.
Praticando ore ed ore di servizio, aveva cucito una coperta d’amore che aveva avvolto la sua vita, alleviando i momenti di fatica.
Esistono diversi tipi di amore, ma Amore è un unico vortice di energia che funge da motorino interiore, a spingerci e innalzarci sempre più nella comprensione.
No, non parliamo di una mente razionale ed ordinata, ma di una scintilla che appicca una fiamma che arde lieve, nel disordine regolare dei giorni.
Lei ne aveva attinto, inconsapevolmente all’apparenza, giorno dopo giorno. Continua a farlo, anche ora, con memoria viva dell’inizio – non inizio di tutto questo lungo viaggio.
Spesso tace, e allora una condensa d’aria rosata sembra formarsi sulla sua fronte, a parlare dei suoi pensieri pudici non rivelati a voce alta. 
La osserviamo, noi che siamo lì fuori, e vorremmo abbracciarla. Chiederle di aprire un varco, perché possiamo provare a dare una risposta.

Però lei non vuole chiedere. Preserva il silenzio, continuando così a donare ciò che non si può vedere ma si può toccare, allungando una mano che cresce dentro, per germogliare fuori.

sabato 16 novembre 2013

I Viaggiatori del Sogno




Un ritmo vellutato, un ritmo sfrigolante, un ritmo saldo.

Questo era il contributo che ognuno dei tre membri fondatori del piccolo gruppo dei Viaggiatori del Sogno aveva da donare: si erano ritrovati quasi per un (apparente) caso, e da quel momento nessuno di loro tre aveva più potuto muovere un solo passo in solitaria.
Avevano stabilito un tacito patto, che non necessitava di parole né di gesti eclatanti; era bastato lo scambio di un triplice sguardo, e il cammino comune aveva avuto inizio.
Chiunque li incontrasse rimaneva colpito dalla particolare energia risultante dall’unione di melodie tanto differenti. Ognuno di loro avrebbe potuto benissimo suonare un assolo ed incantare un’ampia platea, ma quello che riuscivano a creare insieme, unendo la differente qualità dei loro ritmi, era qualcosa che andava oltre.
Fare la loro conoscenza risultava taumaturgico. 
Chi fosse stato impoverito della propria energia, sentendosi virare verso un colore blu profondo, dopo avere incrociato le loro vite provava nello spirito, lo stesso sollievo che un soggiorno di cure termali dona al corpo.

Quello dei Viaggiatori del Sogno veniva raccontato come un viaggio giovane, che aveva mosso ancora pochi passi su questa Terra…..la verità era che proseguiva da molto più tempo di quello apparente agli esseri umani. 
Le dimensioni già attraversate erano molteplici, e di quando in quando riaffioravano alla memoria di ognuno dei tre Viaggiatori.

Quando questo accadeva, colui che aveva avuto sentore di una nota lontana eppure così vicina, sentiva la necessità di prendersi lo spazio di una piccola solitudine, tracciare un sentiero individuale, e raggiungere un’alta scogliera.

Lì si raccoglieva e proiettava lontano il proprio sguardo, ripassando la propria canzone interiore.

lunedì 14 ottobre 2013

Solo per orecchie forti





“Ci senti? Ma ne sei proprio sicuro? Secondo me avresti bisogno di un bel controllo, te lo dico io!”
Nulla da fare, non riusciva a rassegnarsi: gli altri non sentivano quello che lui cercava di dire. Perché non era una questione di ascolto, quanto piuttosto proprio di facoltà dell’udire.
Non ci provava più, ad ottenere una comprensione piena, ma un tempo ci aveva sofferto parecchio. 
Gli sembrava di vivere dietro una lastra di vetro trasparente, dalla quale poteva vedere lo scorrere dei volti davanti a lui, ma non farsi vedere. Né tantomeno quindi, fare udire la propria voce. 
Allora mimava l’atto del parlare, ascoltando dentro il rimbombo delle parole che gli raccontavano di sé tutto ciò che nessun altro avrebbe mai potuto sapere.
L’abitudine alla pantomima era diventata così radicata e profonda, con il passare delle albe e dei tramonti, che alla fine aveva sviluppato un linguaggio peculiare, tutto suo e ben codificato, senza che se ne rendesse conto fino in fondo.
Le parole uscivano a fiotti, e senza preavviso: poteva accadere a qualsiasi ora del giorno o della notte, che il fiume vomitasse la sua piena.
Il paradosso era che ora alle orecchie degli altri quelle parole urlavano forte, mentre a lui sembrava avessero una voce sottile e sussurrante.
Quando poi sceglieva un manto di silenzio nel quale raggomitolarsi, con la coda dell’occhio gli sembrava di accorgersi di occhiate sospettose; allora partiva una musica cacofonica, per coprire l’imbarazzo di non sentirsi a casa.
Una notte tutto ciò esplose: le lenzuola si squarciarono da sole in un mastodontico urlo di protesta, e fu l’inizio della fine, e del nuovo inizio al tempo stesso.
Tutte quelle parole abbracciarono il silenzio, e si fecero torrente imperturbabile.

Nulla aveva più importanza.

sabato 21 settembre 2013

Il suo giardino, un concerto di musica da camera





Il suo giardino era uno dei più belli che avessi mai odorato. Si faceva toccare con gli occhi, e questo era tutto.

Lei non aveva fatto nulla per dargli una forma particolare: aveva semplicemente lasciato che crescesse, seguendo il proprio flusso interiore, e le fasi lunari.
A volte si era chiesta, questo è vero, se fosse il caso di dare un nome alle creature così delicate e resistenti che sentiva muoversi notte dopo notte, quando il silenzio è più forte, e lascia spazio al suono della vita sotterranea.
Ma alla fine aveva compreso intuitivamente che no, non era quello il caso; il suo giardino sarebbe diventato in quel modo una serra, ovvero qualcosa di un’altra natura, diversa dalla sua.
La sua n(N)atura era fresca e selvatica, e racchiudeva in potenza tutte le maiuscole interiori che faticavano a rendersi palesi a se stesse. Chi riusciva a sbirciare dalle vetrate in penombra del suo giardino, le intravedeva, come piccoli lampi che preannunciano un temporale ancora incerto.
Il giardino era impreziosito dalla vita sontuosa di un essere dall’anima morbida e profonda come le mille leghe dei mari leggendari. Il suo sguardo annaffiava ogni angolo vivente del giardino, donandogli fremiti di gioia.
Li chiamano gatti, gli esseri della sua specie terrena. Ma io e lei sappiamo che qualsiasi nome è fiato sprecato, per la loro altezza anima-le.
Io e lei ci siamo riconosciute, e ascoltando le sue note interiori, ho avuto accesso al viaggio nel suo giardino.

Uno dei più belli che avessi mai ascoltato.

sabato 6 aprile 2013

Ci vuole Caos, per Creare!






C’è differenza fra Disordine e Caos. Su questo rifletteva, nei momenti di riposo.

Ma erano considerazioni che rimanevano rigorosamente intime e interiori, dialoghi fra sé e se stesso. Nella quotidiana interazione con gli altri, tutto lasciava pensare che non avesse nessun problema a vivere a modo suo, in un mondo a parte dove seguiva un ritmo a se stante. Questo non significava in nessun modo che desiderasse e-marginarsi dal resto del mondo esterno. No.

Però non aveva nemmeno nessuna voglia di adeguarvisi. Voleva volere, agire, pensare, parlare, urlare, tacere, correre e dormire, esattamente a proprio modo. Ovvero, come voleva lui e nessun altro.

Tutto ciò nutriva una particolare predilezione per un aspetto fondante della vita: il Caos. Il Caos è ciò che permette di nascere, creare, morire.

Di esistere senza resistere. Di essere un Creatore di Caos creativo.

Nulla e nessuno avrebbero mai potuto confutare questa profonda convinzione sulla vita, che aveva nutrito l’atto stesso del suo pensare fin dai primi istanti che erano seguiti alla sua nascita su questo pianeta.

Se ne andava in giro per la vita senza inutili orpelli e senza indossare orologi,  seguendo il proprio ticchettìo interno, e muovendosi ad un ritmo che non conosceva violenza, perché era quello del flusso naturale della linfa che scorreva lungo le sue linee interiori. Così poteva capitare che il suo senso del tempo fosse sfasato rispetto a quello degli altri, oppure che il suo pensiero non fosse allineato alle aspettative altrui. Ma non è difficile capire come tutto alla fine si risolvesse nel più pacifico dei modi: infatti lui, vivendo secondo la propria verità, non provava nessun inutile senso di colpa.

Ogni sera il Creatore di Caos creativo narrava a se stesso la propria giornata, mescolando gli attimi vissuti in un impasto di sensazioni reali e idee inventate, che cucinate insieme, davano vita a racconti di alta creatività, registrati successivamente nel suo personale Libro della Vita.

Era un rituale che si ripeteva da quando il Creatore di Caos creativo aveva memoria di sé, e che non aveva mai conosciuto un giorno di riposo. In questo modo veniva data forma al caos nel quale la sua vita si faceva strada a larghe bracciate.

Un giorno nel quale i prati freschi di sole invitavano a rotolarsi su di loro facendo la ruota come quando si è bambini, il Creatore di Caos creativo decise che era giunto il momento di creare una melodia per la propria vita: così distillò una nota da ogni pagina del suo Libro della Vita, le cucì insieme, e le lasciò evaporare all’aria.

Un istante dopo lui stesso vorticava sempre più in alto in mezzo alle nuvole, portato per mano dalla sua melodia, che ne aveva fatto il proprio aquilone.


mercoledì 6 marzo 2013

Una vita in corsa




Si erano ritrovati alla festa di un amico comune, ed era stato immediato riconoscimento. Del resto, avevano condiviso così tante colorate avventure che l’uno era rimasto scolpito nella memoria dell’altro, con una sonora risata collegata ai reciproci volti. Si erano seduti sul morbido divano che troneggiava in mezzo alla stanza, e avevano iniziato a scrutarsi, a lungo e con molta attenzione. Ognuno cercava di leggere nell’altro un diario della propria vita passata.

Il personaggio che vedete sulla sinistra, quello con l'espressione ballerina, non si era fermato un solo secondo. Proprio mai, dal momento della sua nascita in poi. A un certo punto i due amici avevano preso strade diverse, e mentre l’altro si era preso un periodo di riposo che virava verso la stabilità delle idee e delle membra, lui no. Lui non ne era capace. O meglio, per usare termini positivi, che è sempre bene, lui era incontrovertibilmente capace di correre. Correre a perdifiato, lungo ogni sentiero che la vita gli offriva. Così non si era mai tirato indietro di fronte ad alcuna proposta, raccogliendo ogni sfida ed ogni esperienza.

Tutto ciò aveva fatto sì che il suo volto, se osservato da vicino, raccontasse di cieli appesantiti da banchi di nuvole violacee, sabbia morbida e rovente, città gremite di odori, e strade di montagna avvolte nel silenzio. Si portava addosso, non visibili ad occhio nudo, strati e strati di abiti appartenenti a culture, pensieri e visioni diverse, di cui aveva fatto esperienza nel corso della vita; all’occorrenza li sfilava uno per uno, lasciando in evidenza sopra agli altri solo quello più utile per il momento che stava vivendo. Questo faceva sì che la sua mente fosse diventata un elastico, pronto ad allungarsi per raggiungere confini lontani, anche quelli meno conosciuti.

La sua mente diventava allora un veicolo attraverso il quale viaggiare anche stando fermi: il che nei fatti significa che fermo, appunto, non lo era mai davvero.

La sera dell’incontro con il suo vecchio amico però, successe una cosa strana…..più ne osservava l’espressione serafica e rilassata, più sentiva di avvicinarsi ad un’inedita sensazione….. la mente e il corpo hanno bisogno di immergersi ogni tanto nel silenzio per ricaricarsi, sembrava dirgli il viso disteso dell’ amico. Più svuoti, più sei pronto ad accogliere.

Forse avrebbe potuto sperimentare anche lui una pausa di riposo? …………………...

In fondo, anche quella sarebbe stata un’esperienza. Nuova.