domenica 30 dicembre 2012

Io sprono piccole stelle





Mi è sempre piaciuto dare fiducia; penso che tutti se la meritino, così mi sono assunto il compito di donarne a chi proprio non riesce a credere di averne diritto. Dal momento che, come certamente sapete, noi tutti racchiudiamo tracce del pulviscolo delle stelle nel nostro corpo, ho deciso che la cosa migliore da fare fosse partire dall’origine.

Così, ogni mattina all’alba, quando la luce del nuovo giorno non ha ancora sottratto le coperte dal viso insonnolito dell’umanità, mi alzo, e silenziosamente mi dirigo in giardino. Alzo lo sguardo al cielo, e senza emettere suono, con il solo potere della mente, invio quanto più possibile la forza della mia fiducia a quelle stelle che vedo pulsare più debolmente; le fisso con intensità, e con quello sguardo, dico tutto. Loro mi rispondono, credetemi!

L’Allenatore di Piccole Stelle mi ha tolto la parola, c’era da aspettarselo: è un tale chiacchierone! Gira e rigira la parole fra le proprie mani come un giocoliere, ed è davvero abile a farne grande strumento di comunicazione. Prima o dopo, riesce a farsi capire da chiunque, trasmettendo ciò che cova dentro, come pochi altri sanno fare. Quello che ha appena raccontato ha però un grande fondo di verità: l’Allenatore di Piccole Stelle è anche in grado di comunicare senza usare parole, né suoni di alcun tipo. Gli basta fare silenzio, dentro e fuori di sé, e immaginarsi disteso su un letto di foglie, in mezzo ad uno sconfinato, avvolgente, profumatissimo bosco. Un bosco particolare, perché riunisce in sé tutte le stagioni. La cosa sorprendente, è che è capacissimo di farlo in qualsiasi situazione: sì, anche in mezzo ad una folla di gente chiassosa e maleodorante. Guarda qualcuno, e quel qualcuno, comprende

Ci riuscirà sempre, deve riuscirci, perché lui è l’Allenatore di Piccole Stelle.


lunedì 12 novembre 2012

Una sartoria profumata di passi





Non era difficile che svegliandosi la mattina, si ritrovasse il seme di un fiore proprio a fior di labbra: da che mondo è mondo infatti, gli esseri vegetali scelgono il respiro delle anime pronte a modellare la luce della propria vita, per avere una spinta positiva nel momento della nascita.

Lui era un'Anima Pronta, e nel mondo sottile ciò è evidente come lo sgorgare dei raggi del sole dalle imposte di una finestra spalancata all’alba del nuovo giorno. Il seme veniva soffiato dolcemente verso l’alto dal suo fiato, nel momento della veglia che precede il risveglio pieno, e quando gli occhi erano del tutto aperti, quel che rimaneva era una sensazione di freschezza e leggerezza nei confronti della nuova vita che stava per confezionare, come un abito su misura.

Si alzava, e procedeva nel mondo, con un sorriso interiore che agiva da talismano, proteggendolo e riscaldandolo. L’apparente semplicità, in lui racchiudeva una fucina di energia che creava ogni istante, modellandolo a suo piacimento e facendone nutrimento e musica: accadeva spesso, infatti, che le persone che si trovassero a condividere del tempo con lui, avessero il sentore di una musica lontana, piena di vitalità e di promesse di vita.

La sua era una sartoria profumata dei passi della danza che ognuno ha la possibilità di coreografare. Lui, come le altre Anime Pronte, sapeva farlo senza sforzo. 

Il suo allenamento si era svolto nella polvere delle strade poco illuminate della sera, dove spesso si era sbucciato le ginocchia, e i suoi occhi avevano lacrimato per la sporcizia e la fatica. Quando però il suo corpo e la sua mente giunsero al giusto grado di forza, l’allenamento divenne una festa quotidiana, e le strade buie e polverose vennero sostituite da visioni di Bellezza.

Aveva ottenuto l’attestato di Grande Sarto, e il dono del Perenne Sorriso.




mercoledì 19 settembre 2012

Affamata di tempo





Quante ore dovrebbe avere una giornata, per essere degna del suo nome? Almeno 48.

Il fatto era che il tempo sembrava non bastarle mai. Era come trovarsi davanti ad una tavola imbandita dopo un lungo digiuno forzato, e non sapere da quale portata cominciare. Come quando si è talmente stanchi, da non riuscire a prendere sonno. A volte arrivava alla conclusione che anche se avesse avuto 48 ore, tutte spendibili - ricorrendo allo stratagemma di non concedersi nemmeno un’ora di sonno - non le sarebbero bastate per completare la lista di cose che desiderava fare.

Forse ad avere meno interessi nella vita si guadagna un bel riposo. Forse si vive più sereni e tranquilli. Forse si spendono meno soldi in analisi. Sì, d’accordo.
Ma vuoi mettere la sensazione adrenalinica di iniziare un nuovo corso di formazione, tuffarsi in un argomento nuovo di zecca, conoscere dieci persone nuove tutte in una volta? C’è sempre tempo, per riposare.

Ah sì?.....ma….non abbiamo appena concluso che di tempo non ce n’è mai abbastanza?....
Ora non ho tempo per discutere di questo, mi dispiace. Ripassa più tardi.



Il mini-market delle esperienze aveva appena aperto, e lei si era tuffata fra le sue porte scorrevoli, un secondo dopo l’apertura ufficiale, per essere sicura di essere la prima cliente, e riuscire così a guadagnarsi ogni prodotto esposto su ogni singolo scaffale delle complessive cinque stanze.
Non le sembrava vero di essere finalmente riuscita a conquistare il mini-market delle esperienze tutto per sè, in beata solitudine; saltellava eccitata da un reparto all’altro, lasciando scorrere gli occhi sulle confezioni grassocce e colorate, come fossero bambini piccoli ai quali consentiva finalmente di correre liberi e felici in un parco giochi. Non riusciva a decidersi, avrebbe scartato tutto con avidità ferina; continuava quindi a volteggiare, accontentandosi della sensazione che le dava sapere di avere ogni potenziale esperienza a portata di mano.

giovedì 28 giugno 2012

Il profilo del colore





Si sistemò la maglia con gesto sottile, inclinando impercettibilmente la testa, gli occhi sgranati come un gatto in agguato.

Osservare la materia viva di cui è fatto un quadro le procurava sempre un leggero stordimento: la pastosità del colore era sempre stata estremamente sensuale, per lei. La tentazione di allungare la mano e accarezzarne i contorni, fastidiosamente imperiosa.

Ogni volta che accadeva, le era necessario fare un passo indietro, e ripetere un piccolo gesto rituale, che la riportasse alla realtà.

Van Gogh però era ben difficile da sostenere: la fissava con sguardo verde e impertinente, sussurrandole “avvicinati….toccami…!”. Come resistere?
Frugando in borsa, e infilando in bocca una caramella con ripieno al caffè; i denti stringevano la corazza esterna della caramella, aprendola a metà in un solo morso. Il contenuto morbido e liquoroso si guadagnava la libertà di fuoriuscire, e la lingua veniva avvolta da quel magma serpeggiante, che indugiava su ogni papilla gustativa, legandola a sé per lunghi istanti.

Van Gogh allora ondeggiava su una barca al largo di un mare tiepido e sonnolento, immerso nei riverberi del sole. Lei lo guardava con gli occhi socchiusi, innamorata e ammutolita dall’incanto e dal desiderio.

Finchè lui iniziava a smembrarsi in mille piccole particelle di colore: ad una ad una iniziavano a librarsi nell’aria, diventando spicchi di luce sull’acqua, allungandosi dalla barca fino all’orizzonte.

I suoi occhi si chiudevano sempre di più, la testa crollava sulla spalla destra, e Van Gogh si ricomponeva fra le sue braccia.

Si sistemò la maglia blu oltremare con un gesto deciso, prendendo le distanze dal quadro: il bacio di Klimt le procurava sempre le allucinazioni.


martedì 12 giugno 2012

La viaggiatrice insonne







Passato un certo numero di giorni, sentiva la necessità di cambiare aria, paesaggio, colori, profumi. Musica.

Per la scelta della destinazione successiva si affidava ai sogni; a qualsiasi ora del giorno o della notte arrivasse quell’improvvisa e impellente necessità di cambiamento, lei andava a dormire.

Appoggiava la testa sul cuscino, chiedendo agli spiriti del sogno di inviarle un messaggio chiaro, seppur velato dal loro abituale linguaggio metaforico.

Non restava mai delusa, né disorientata, perché qualcosa le veniva sempre detto, anche se spesso c’era bisogno di fare opera di decriptazione. Quando si svegliava, iniziava subito a riempire il suo Quaderno dei Sogni, trascrivendo ogni immagine ricevuta durante la breve morte del sonno.

Poi prendeva un foglio bianco e pulito, dalla pila che teneva sul comodino, e dipingeva la musica del suo sogno, finché sentiva che la melodia si era spenta.

La sera stessa la valigia era pronta, preparata con pochi abiti: l’essenziale per la propria pulizia e per alimentare lo spirito. Soprattutto, non mancavano mai il piccolo caleidoscopio per guardare con occhi curiosi ogni sfaccettatura dei nuovi paesaggi, un minuscolo piffero di legno per improvvisare musica - secondo lo stato d’animo del momento e i colori del viaggio - bolle di sapone per creare magia. E, ovviamente, un quaderno e una penna.

lunedì 4 giugno 2012

Sulla punta delle dita





Uno sguardo alla posizione delle dita che reggono la penna per scrivere, e le parole prendono la rincorsa, tuffandosi energicamente sulla carta, come in un fresco oceano in una giornata d’estate.

Una miscela che ha sempre funzionato, da quando il primo foglio ha richiamato la sua attenzione: quando? Poco utile ricordarlo. Tanto vento è passato nei corridoi dei palazzi antichi, dopo un lungo viaggio nel mondo, accarezzando acque e intrecciando le chiome degli alberi.

Le parole scorrono come acqua fresca, come il sale delle onde marine, come le zolle di terra mosse in profondità dalla pioggia, che collabora con la vanga del contadino.

Lo scrittore è un contadino che semina cibo futuro per lettori affamati di sapere la vita. E’ un cuoco che raffina la sua arte ad ogni nuovo piatto. Affina il suo gusto assaggiando per primo le parole che sta per buttare in pentola: devono essere perfettamente al dente, un secondo di troppo porterebbe a scuocere tutto.

Allora lui scrive, sotto il sole e nella pioggia, e lascia che le parole sedimentino nuova vita. E’ un maieuta sotto mentite spoglie, che aiuta chi sente la necessità di nuovi abiti per la propria mente.

Quando lo incontrerete, ora saprete ringraziarlo in silenzio.

lunedì 9 aprile 2012

La favola della bambina di seta



Biancaneve profuma di cipria morbida e frizzante zucchero filato.

E’ uscita direttamente da una favola vaporosa. I suoi occhi lucenti d'amore ci hanno visti, e hanno sorriso. Ha capito che era qui, che doveva venire. Allora ha fatto in modo che i giri di valzer dell'Universo si accordassero per portarla fra le mie braccia.

E' uscita dalla nuvola dove la sua favola fluisce con dolcezza e calde carezze, e ci ha presi per mano, tutti e tre, io e i miei genitori, portandoci lì con lei.

Per questo ha dovuto farsi trovare per le strade di un'alta Città, che la guardava senza capire cosa ci facesse, quella creatura straordinaria, in mezzo al suo distratto clamore.

Biancaneve, che ha un bacio per tutti, glielo ha spiegato usando una sola nota della sua piccola voce profonda. Allora la Città ha capito tutto, le ha sorriso, e le ha indicato la strada per trovarci più in fretta.

Ora noi tre e Biancaneve sorridiamo ogni giorno, perché abbiamo guadagnato una favola così spaziosa, che se volete potete venire a trovarci.