Una creatura femminile dai molteplici
nomi di donna.
Li aveva guadagnati nel corso dei mutamenti di pelle, che
usava rinnovare ad ogni stagione delle sue età, come un serpente del deserto.
L’ho incontrata intenta a correre su un lungo filo rosso,
indossando il nome dell’Equilibrista.
Il suo sorriso azzurro inciampava nella polvere del labirinto
di stimoli sensoriali che aveva scelto come dimora temporanea: lei sollevava il
lembo della lunga gonna, e passava oltre, con uno sbuffo energico che parlava
di una intensità resistente alle intemperie.
Poi tornava a correre sul filo, riuscendo a mantenere un ritmo
costante che le impediva di cadere, nonostante grandi altezze si spalancassero
sotto di lei.
Tutto intorno aveva alte onde dalla cresta fascinosa,
impossibili da imbrigliare per mano umana: l’Equilibrista le teneva a bada con
voce ferma, e attingendo alla loro forza, dipingeva i giorni.
Quando le ho detto arrivederci, nel suo sorriso azzurro ho
scorto la sfumatura rossa di un imminente nuovo cambio di pelle.
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